Fascicolo 164 - Alla festa della Dedicazione

   
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Il Libro di Urantia

Fascicolo 164

Alla festa della Dedicazione

164:0.1 (1809.1) MENTRE si stava installando il campo di Pella, Gesù, conducendo con sé Natanaele e Tommaso, andò segretamente a Gerusalemme per assistere alla festa della Dedicazione. I due apostoli si resero conto che il loro Maestro stava andando a Gerusalemme solo dopo aver attraversato il Giordano al guado di Betania. Quando percepirono che egli intendeva realmente essere presente alla festa della Dedicazione, essi protestarono con lui molto energicamente, e facendo ricorso ad ogni sorta di argomenti cercarono di dissuaderlo. Ma i loro sforzi non servirono a nulla; Gesù era determinato a recarsi a Gerusalemme. A tutte le loro suppliche e a tutti i loro avvertimenti che ponevano in evidenza la follia ed il pericolo di mettersi nelle mani del Sinedrio, egli rispose soltanto: “Vorrei dare a questi educatori d’Israele un’altra opportunità di vedere la luce prima che giunga la mia ora.”

164:0.2 (1809.2) Mentre proseguivano verso Gerusalemme, i due apostoli continuarono a manifestare i loro sentimenti di paura e ad esprimere i loro dubbi sulla saggezza di una simile impresa apparentemente presuntuosa. Essi raggiunsero Gerico verso le quattro e mezzo e si prepararono ad alloggiarvi per la notte.

1. La storia del buon samaritano

164:1.1 (1809.3) Quella sera un considerevole numero di persone si riunì attorno a Gesù e ai due apostoli per porre delle domande, a molte delle quali risposero gli apostoli, mentre altre furono discusse dal Maestro. Nel corso della sera un certo legista, cercando di raggirare Gesù con una discussione compromettente, disse: “Maestro, vorrei chiederti che cosa dovrei fare esattamente per ereditare la vita eterna?” Gesù rispose: “Che cosa sta scritto nella legge e nei profeti; come leggi tu le Scritture?” Il legista, conoscendo sia gli insegnamenti di Gesù che quelli dei Farisei, rispose: “Di amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza, ed il prossimo tuo come te stesso.” Allora Gesù disse: “Hai risposto esattamente; questo, se lo fai veramente, ti porterà alla vita eterna.”

164:1.2 (1809.4) Ma il legista non era del tutto sincero nel porre questa domanda, e desiderando giustificarsi mentre sperava anche di porre in imbarazzo Gesù, si avventurò a porre un’altra domanda. Avvicinandosi un po’ di più al Maestro disse: “Ma, Maestro, vorrei che tu mi dicessi chi è esattamente il mio prossimo?” Il legista pose questa domanda sperando d’intrappolare Gesù inducendolo a fare qualche affermazione che contravvenisse alla legge ebraica che definiva il proprio prossimo “i figli del proprio popolo”. Gli Ebrei consideravano tutti gli altri come “cani Gentili”. Questo legista conosceva alquanto gli insegnamenti di Gesù e perciò sapeva bene che il Maestro pensava diversamente; egli sperava così d’indurlo a dire qualcosa che potesse essere interpretato come un attacco alla legge sacra.

164:1.3 (1810.1) Ma Gesù comprese lo scopo del legista, e invece di cadere nella rete raccontò ai suoi ascoltatori una storia, una storia che poteva essere pienamente apprezzata da tutti gli abitanti di Gerico. Gesù disse: “Un tale stava scendendo da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani di briganti crudeli che lo derubarono, lo spogliarono, lo riempirono di botte e andarono via lasciandolo mezzo morto. Subito dopo, per caso, un sacerdote stava scendendo quella strada, e quando giunse presso l’uomo ferito, vedendo il suo stato pietoso, passò oltre dall’altro lato della strada. Ed allo stesso modo anche un Levita, quando giunse e vide l’uomo, passò oltre dall’altro lato. Ora, in questo momento, un Samaritano in viaggio verso Gerico incrociò quest’uomo ferito, e quando vide che era stato derubato e malmenato, fu mosso a compassione, e avvicinandosi a lui medicò le sue ferite versandovi dell’olio e del vino, e caricato l’uomo sul suo animale da soma lo portò alla vicina locanda e si prese cura di lui. E l’indomani egli tirò fuori del denaro e, dandolo al locandiere, disse: ‘Abbi cura del mio amico e se la spesa è maggiore, quando ritornerò, ti rimborserò.’ Ora permetti che ti chieda: quale di questi tre risultò essere il prossimo di colui che cadde in mano ai ladri?” Quando il legista percepì che era caduto nella sua stessa trappola, rispose: “Quello che gli mostrò misericordia.” E Gesù disse: “Va e fa la stessa cosa.”

164:1.4 (1810.2) Il legista rispose: “Colui che ha mostrato misericordia” per evitare di pronunciare quell’odiosa parola, Samaritano. Il legista fu costretto a dare la risposta giusta alla domanda: “Chi è il mio prossimo?” che Gesù desiderava fosse data, e che, se Gesù avesse data lui stesso, l’avrebbe direttamente coinvolto nell’accusa d’eresia. Gesù non solo confuse il legista disonesto, ma raccontò ai suoi ascoltatori una storia che era allo stesso tempo una stupenda ammonizione a tutti i suoi discepoli ed un eccezionale rimprovero a tutti gli Ebrei circa il loro atteggiamento verso i Samaritani. E questa storia ha continuato a promuovere fraternamente l’amore fra tutti coloro che hanno successivamente creduto al vangelo di Gesù.

2. A Gerusalemme

164:2.1 (1810.3) Gesù aveva assistito alla festa dei Tabernacoli per poter proclamare il vangelo ai pellegrini provenienti da tutte le parti dell’impero; ora andava alla festa della Dedicazione per un solo proposito: dare al Sinedrio e ai dirigenti ebrei un’altra opportunità di vedere la luce. Il principale avvenimento di questi pochi giorni a Gerusalemme avvenne venerdì sera a casa di Nicodemo. Qui si erano riuniti circa venticinque dirigenti ebrei che credevano all’insegnamento di Gesù. In questo gruppo c’erano quattordici uomini che erano allora, o erano recentemente stati, membri del Sinedrio. A questo incontro erano presenti Eber, Matadormus e Giuseppe d’Arimatea.

164:2.2 (1810.4) In questa occasione gli ascoltatori di Gesù erano tutti uomini eruditi, e sia essi che i suoi due apostoli rimasero stupiti dalla vastità e dalla profondità delle osservazioni che il Maestro fece a questo eminente gruppo. Dai tempi in cui aveva insegnato ad Alessandria, a Roma e nelle isole del Mediterraneo, egli non aveva più manifestato tale erudizione e mostrato una tale comprensione degli affari umani, sia secolari che religiosi.

164:2.3 (1810.5) Quando questo breve incontro ebbe termine, andarono tutti via disorientati dalla personalità del Maestro, affascinati dalle sue maniere gentili e piene d’amore per l’uomo. Essi avevano cercato di consigliare Gesù riguardo al suo desiderio di conquistare alla sua causa gli altri membri del Sinedrio. Il Maestro ascoltò attentamente, ma in silenzio, tutte le loro proposte. Egli sapeva bene che nessuno dei loro piani avrebbe funzionato. Presumeva che la maggior parte dei dirigenti ebrei non avrebbe mai accettato il vangelo del regno; tuttavia diede a tutti loro quest’altra opportunità di scegliere. Ma quando se ne andò quella sera con Natanaele e Tommaso ad alloggiare sul Monte degli Olivi, egli non aveva ancora deciso il metodo che avrebbe adottato per portare ancora una volta la sua opera all’attenzione del Sinedrio.

164:2.4 (1811.1) Quella notte Natanaele e Tommaso dormirono poco; erano troppo colpiti da quello che avevano udito a casa di Nicodemo. Essi meditarono a lungo sull’osservazione finale di Gesù concernente l’offerta dei membri passati e presenti del Sinedrio di presentarsi con lui davanti ai settanta. Il Maestro disse: “No, fratelli miei, non servirebbe a nulla. Moltiplichereste la collera che ricadrebbe sulle vostre teste, senza mitigare minimamente l’odio che portano a me. Andate, ciascuno di voi, ad occuparvi degli affari del Padre secondo le direttive dello spirito, mentre io ancora una volta porterò il regno alla loro attenzione nella maniera che mio Padre m’indicherà.”

3. La guarigione del mendicante cieco

164:3.1 (1811.2) Il mattino successivo i tre andarono a casa di Marta a Betania per la colazione e poi si recarono immediatamente a Gerusalemme. Questo sabato mattina, mentre Gesù e i suoi due apostoli si avvicinavano al tempio, incontrarono un mendicante molto conosciuto, un uomo che era nato cieco, seduto al suo posto abituale. Sebbene questi mendicanti non sollecitassero né ricevessero elemosine nel giorno di sabato, era loro permesso sedersi al loro posto abituale. Gesù si fermò e osservò il mendicante. Mentre fissava quest’uomo che era nato cieco, gli venne in mente l’idea di come portare ancora una volta la sua missione sulla terra all’attenzione del Sinedrio e degli altri dirigenti ed istruttori religiosi ebrei.

164:3.2 (1811.3) Mentre il Maestro stava là davanti al cieco, assorbito in profondi pensieri, Natanaele, riflettendo sulla possibile causa della cecità di quest’uomo, chiese: “Maestro, chi ha peccato, quest’uomo o i suoi genitori, per essere lui nato cieco?”

164:3.3 (1811.4) I rabbini insegnavano che tutti questi casi di cecità dalla nascita erano causati dal peccato. Non solo i bambini erano concepiti e nati nel peccato, ma un figlio poteva nascere cieco come punizione per qualche specifico peccato commesso da suo padre. Essi insegnavano anche che un figlio stesso poteva peccare prima di venire al mondo. Insegnavano pure che tali difetti potevano essere causati da qualche peccato o altra debolezza della madre durante la gravidanza.

164:3.4 (1811.5) In tutte queste regioni c’era una vaga credenza nella reincarnazione. Gli antichi insegnanti ebrei, così come Platone, Filone e molti degli Esseni, tolleravano la teoria che gli uomini possono raccogliere in un’incarnazione ciò che hanno seminato in un’esistenza precedente; così si credeva che in una vita essi espiassero i peccati commessi nelle vite precedenti. Il Maestro trovò difficile far credere agli uomini che la loro anima non aveva avuto esistenze precedenti.

164:3.5 (1811.6) Tuttavia, per quanto sembrasse incoerente, benché tale cecità si ritenesse essere il risultato di un peccato, gli Ebrei stimavano altamente meritorio dare elemosine a questi mendicanti ciechi. Era abitudine di questi ciechi salmodiare continuamente ai passanti: “O sensibili di cuore, acquistate merito aiutando il cieco.”

164:3.6 (1811.7) Gesù intavolò una discussione su questo caso con Natanaele e Tommaso, non solo perché aveva già deciso di utilizzare questo cieco come mezzo per portare quel giorno, ancora una volta, la sua missione all’attenzione dei dirigenti ebrei in modo eclatante, ma anche perché egli incoraggiava sempre i suoi apostoli a ricercare le vere cause di tutti i fenomeni, naturali o spirituali. Egli li aveva avvertiti spesso di evitare la tendenza comune di attribuire delle cause spirituali ad avvenimenti fisici ordinari.

164:3.7 (1812.1) Gesù decise di utilizzare questo mendicante nei suoi piani per il lavoro di quel giorno, ma prima di fare qualcosa per l’uomo cieco, di nome Giosia, procedette a rispondere alla domanda di Natanaele. Disse il Maestro: “Né quest’uomo né i suoi genitori hanno peccato perché le opere di Dio si manifestassero in lui. Questa cecità gli è venuta nel corso naturale degli eventi, ma noi dobbiamo ora compiere le opere di Colui che mi ha mandato mentre è ancora giorno, perché arriverà certamente la notte durante la quale sarà impossibile fare il lavoro che stiamo per compiere. Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo, ma tra poco non sarò più con voi.”

164:3.8 (1812.2) Quando Gesù ebbe parlato, disse a Natanaele e a Tommaso: “Creiamo la vista a quest’uomo cieco in questo giorno di sabato, affinché gli Scribi e i Farisei possano avere l’occasione giusta che cercano per accusare il Figlio dell’Uomo.” Poi, chinatosi, sputò per terra e mescolò dell’argilla con lo sputo, e parlando di tutto ciò in modo che il cieco potesse sentirlo, si avvicinò a Giosia e mise l’argilla sui suoi occhi ciechi dicendo: “Figlio mio, va a lavare via questa argilla nella piscina di Siloe e recupererai immediatamente la tua vista.” E quando Giosia si fu lavato così nella piscina di Siloe, ritornò dai suoi amici e alla sua famiglia vedendo.

164:3.9 (1812.3) Essendo sempre stato un mendicante, egli non sapeva fare nient’altro; così, quando la prima eccitazione dovuta alla creazione della vista fu passata, egli ritornò al suo posto abituale in cui chiedeva l’elemosina. I suoi amici, i vicini e tutti coloro che l’avevano conosciuto precedentemente, quando notarono che poteva vedere dissero tutti: “Costui non è Giosia il mendicante cieco?” Alcuni dicevano che era lui, mentre altri dicevano: “No, è uno che gli assomiglia, ma quest’uomo può vedere.” Ma quando chiesero all’uomo stesso, egli rispose: “Sono io.”

164:3.10 (1812.4) Quando cominciarono a chiedergli come fosse divenuto capace di vedere, egli rispose loro: “Un uomo chiamato Gesù è passato da qui, e mentre parlava di me con i suoi amici, ha mescolato dell’argilla con uno sputo, ha unto i miei occhi e mi ha ordinato di andare a lavarmi nella piscina di Siloe. Io ho fatto quello che quest’uomo mi ha detto ed ho ricevuto immediatamente la vista. E ciò solo poche ore fa. Io non conosco ancora il significato di molte cose che vedo.” E quando la gente che cominciava a riunirsi attorno a lui chiese dove si poteva trovare lo strano uomo che l’aveva guarito, Giosia poté solo rispondere che non lo sapeva.

164:3.11 (1812.5) Questo è uno dei miracoli più strani del Maestro. Quest’uomo non chiedeva di essere guarito. Egli non sapeva che il Gesù che gli aveva ordinato di lavarsi a Siloe, e che gli aveva promesso che avrebbe visto, fosse il profeta della Galilea che aveva predicato a Gerusalemme durante la festa dei Tabernacoli. Quest’uomo aveva poca fiducia di poter ricevere la vista, ma le persone di quel tempo avevano grande fiducia nell’efficacia dello sputo di un grande o santo uomo; e dalla conversazione di Gesù con Natanaele e Tommaso, Giosia aveva concluso che il suo sedicente benefattore fosse un grand’uomo, un maestro erudito o un santo profeta; conseguentemente egli fece come Gesù gli aveva ordinato.

164:3.12 (1812.6) Gesù utilizzò l’argilla e lo sputo e gli ordinò di lavarsi nella piscina simbolica di Siloe per tre ragioni:

164:3.13 (1812.7) 1. Questo non era un miracolo in risposta alla fede di un individuo. Era un prodigio che Gesù scelse di compiere per un proposito personale, ma che egli predispose in modo tale che quest’uomo potesse trarne un profitto permanente.

164:3.14 (1813.1) 2. Poiché il cieco non aveva chiesto la guarigione, e poiché la sua fede era debole, questi atti materiali furono suggeriti per incoraggiarlo. Egli credeva nella superstizione dell’efficacia dello sputo e sapeva che la piscina di Siloe era un luogo quasi sacro. Ma difficilmente vi sarebbe andato se non fosse stato necessario per lavare l’argilla con cui era stato unto. L’operazione comportava sufficiente cerimoniale da indurlo ad agire.

164:3.15 (1813.2) 3. Ma Gesù aveva una terza ragione per ricorrere a questi metodi materiali in connessione con tale operazione straordinaria: questo era un miracolo prodotto unicamente in obbedienza alla propria scelta, ed in tal modo egli desiderava insegnare ai suoi discepoli di quel tempo e di tutte le epoche successive a non disprezzare o trascurare i metodi materiali per guarire gli ammalati. Egli voleva insegnare loro che dovevano smettere di considerare i miracoli come il solo metodo per curare le malattie umane.

164:3.16 (1813.3) Gesù donò la vista a quest’uomo con un atto miracoloso, questo sabato mattina e a Gerusalemme vicino al tempio, con il proposito primario di compiere quest’atto in aperta sfida al Sinedrio e a tutti gli insegnanti ed i capi religiosi ebrei. Questo fu il suo modo di proclamare un’aperta rottura con i Farisei. Egli era sempre positivo in ogni cosa che faceva. Ed era con il proposito di portare tali materie davanti al Sinedrio che Gesù condusse i suoi due apostoli da quest’uomo nel primo pomeriggio di questo giorno di sabato e provocò deliberatamente quelle discussioni che obbligarono i Farisei a prestare attenzione al miracolo.

4. Giosia davanti al Sinedrio

164:4.1 (1813.4) A metà del pomeriggio la guarigione di Giosia aveva sollevato tali discussioni attorno al tempio che i capi del Sinedrio decisero di convocare il consiglio nel suo luogo abituale di riunione nel tempio. Ed essi fecero questo in violazione ad una regola stabilita che proibiva la riunione del Sinedrio nel giorno di sabato. Gesù sapeva che la violazione del sabato sarebbe stata una delle principali accuse portate contro di lui al momento della prova finale, e desiderava essere portato davanti al Sinedrio sotto l’imputazione di aver guarito un uomo cieco nel giorno di sabato, quando la sessione stessa dell’alta corte ebraica, sedendo per giudicarlo su questo atto di misericordia, avesse deliberato su tali materie nel giorno di sabato e in diretta violazione delle leggi che si era imposta essa stessa.

164:4.2 (1813.5) Ma essi non chiamarono Gesù davanti a loro; avevano paura di farlo. Invece mandarono subito a chiamare Giosia. Dopo un interrogatorio preliminare, il portavoce del Sinedrio (di cui erano presenti una cinquantina di membri) ordinò a Giosia di raccontare ciò che gli era successo. Dopo la sua guarigione di quella mattina Giosia aveva appreso da Tommaso, da Natanaele e da altri che i Farisei erano irritati perché egli era stato guarito di sabato, e che avrebbero probabilmente creato dei fastidi a tutti gli interessati; ma Giosia non percepiva ancora che Gesù era colui che chiamavano il Liberatore. Così, quando i Farisei lo interrogarono, egli disse: “Quest’uomo è venuto, ha messo dell’argilla sui miei occhi, mi ha detto di andare a lavarmi a Siloe, ed ora io vedo.”

164:4.3 (1813.6) Uno dei Farisei anziani, dopo aver fatto un lungo discorso, disse: “Quest’uomo non può venire da Dio perché potete vedere che non osserva il sabato. Egli viola la legge, primo lavorando l’argilla, poi mandando questo mendicante a lavarsi a Siloe nel giorno di sabato. Un tale uomo non può essere un maestro mandato da Dio.”

164:4.4 (1813.7) Allora uno degli uomini più giovani che credeva segretamente in Gesù disse: “Se quest’uomo non è mandato da Dio, come può fare queste cose? Noi sappiamo che un comune peccatore non può operare tali miracoli. Conosciamo tutti questo mendicante e sappiamo che era nato cieco; ora egli vede. Direte ancora che questo profeta compie tutti questi prodigi con il potere del principe dei demoni?” E per ogni Fariseo che osava accusare e denunciare Gesù se ne alzava un altro per porre delle domande d’intralcio e imbarazzanti, cosicché si formò una seria divisione tra di loro. Il presidente vide che il dibattito stava degenerando e per calmare la discussione si preparò ad interrogare nuovamente l’uomo stesso. Rivolgendosi a Giosia egli disse: “Che cosa hai da dire su quest’uomo, questo Gesù, che tu affermi abbia aperto i tuoi occhi?” E Giosia rispose: “Io penso che sia un profeta.”

164:4.5 (1814.1) I dirigenti furono molto turbati e, non sapendo cos’altro fare, decisero di mandare a chiamare i genitori di Giosia per sapere se egli fosse realmente nato cieco. Essi non volevano credere che il mendicante fosse stato guarito.

164:4.6 (1814.2) Si sapeva bene a Gerusalemme, non solo che l’entrata a tutte le sinagoghe era interdetta a Gesù, ma che tutti coloro che credevano nel suo insegnamento erano similmente espulsi dalla sinagoga, scomunicati dalla congregazione d’Israele; e ciò significava essere privati di tutti i diritti e privilegi d’ogni tipo in tutto il mondo ebraico, salvo il diritto di acquistare il necessario per vivere.

164:4.7 (1814.3) Quando perciò i genitori di Giosia, anime povere ed impaurite, comparvero davanti all’augusto Sinedrio, temevano di parlare liberamente. Il portavoce della corte disse: “Costui è vostro figlio? È corretto da parte nostra ritenere che sia nato cieco? Se questo è vero, com’è che egli ora può vedere?” Ed allora il padre di Giosia, assecondato dalla madre, rispose: “Noi sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco, ma come egli sia giunto a vedere e chi sia stato ad aprire i suoi occhi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui; è in età da rispondere; parli lui per se stesso.”

164:4.8 (1814.4) Essi chiamarono allora Giosia davanti a loro una seconda volta. Essi non stavano approdando a nulla con il loro piano di tenere un processo formale, ed alcuni cominciavano a sentirsi a disagio facendo questo di sabato. Di conseguenza, quando richiamarono Giosia, tentarono d’intrappolarlo con un metodo d’attacco differente. Il funzionario della corte parlò all’ex cieco dicendo: “Perché non rendi gloria a Dio per questo? Perché non ci hai detto tutta la verità su ciò che è accaduto? Sappiamo tutti che quest’uomo è un peccatore. Perché rifiuti di discernere la verità? Sai che tu e quest’uomo siete colpevoli di aver violato il sabato. Non vuoi espiare il tuo peccato riconoscendo Dio come tuo guaritore, se tu affermi ancora che i tuoi occhi sono stati aperti oggi?”

164:4.9 (1814.5) Ma Giosia non era né sciocco né privo d’umorismo; così egli rispose al funzionario della corte: “Se quest’uomo è un peccatore, io non lo so; ma una cosa so — che mentre prima ero cieco ora vedo.” E non riuscendo ad intrappolare Giosia, essi tentarono ancora d’interrogarlo chiedendo: “In quale esatta maniera ti ha aperto gli occhi? Che cosa ti ha effettivamente fatto? Che cosa ti ha detto? Ti ha chiesto di credere in lui?”

164:4.10 (1814.6) Giosia replicò con un po’ d’impazienza: “Vi ho detto esattamente come tutto ciò è avvenuto, e se non avete creduto alla mia testimonianza, perché volete sentirla di nuovo? Volete per caso divenire anche voi suoi discepoli?” Quando Giosia ebbe parlato in questo modo, il Sinedrio si sciolse nella confusione, quasi nella violenza, perché i capi si precipitarono su Giosia, gridando incolleriti: “Tu puoi dire di essere un discepolo di quest’uomo, ma noi siamo discepoli di Mosè e siamo gli insegnanti delle leggi di Dio. Noi sappiamo che Dio ha parlato tramite Mosè, ma quanto a questo Gesù non sappiamo da dove venga.”

164:4.11 (1814.7) Allora Giosia, salito su uno sgabello, gridò a squarciagola a tutti coloro che potevano udirlo, dicendo: “Ascoltate, voi che sostenete di essere i maestri di tutto Israele, io vi dichiaro che c’è molto da meravigliarsi, poiché voi confessate di non sapere da dove viene quest’uomo, e tuttavia sapete con certezza, dalla testimonianza che avete ascoltato, che egli ha aperto i miei occhi. Noi tutti sappiamo che Dio non compie tali opere per i malvagi; che Dio fa una simile cosa soltanto su richiesta di un sincero adoratore — per uno che è santo e retto. Voi sapete che dall’inizio del mondo non si è mai sentito dell’apertura degli occhi di uno che era nato cieco. Guardatemi allora tutti voi, e rendetevi conto di ciò che è stato fatto oggi a Gerusalemme! Io vi dico che se quest’uomo non veniva da Dio non avrebbe fatto questo.” E mentre i membri del Sinedrio si allontanavano in collera ed in confusione, gli gridavano: “Tu sei nato completamente nel peccato, ed ora pretendi d’insegnare a noi? Forse tu non eri realmente nato cieco, ed inoltre, se i tuoi occhi sono stati aperti nel giorno di sabato, questo è stato fatto grazie al potere del principe dei demoni.” Ed essi andarono subito alla sinagoga per espellere Giosia.

164:4.12 (1815.1) Giosia affrontò questa prova con scarse idee su Gesù e sulla natura della sua guarigione. La maggior parte dell’intrepida testimonianza che egli portò con tanta intelligenza e tanto coraggio davanti a questo tribunale supremo di tutto Israele si sviluppò nella sua mente via via che il dibattimento procedeva in questo modo iniquo ed ingiusto.

5. L’insegnamento sotto il portico di Salomone

164:5.1 (1815.2) Per tutto il tempo in cui era in corso questa sessione del Sinedrio in una delle sale del tempio, in violazione del sabato, Gesù passeggiava nelle vicinanze istruendo il popolo sotto il Portico di Salomone, nella speranza di essere convocato davanti al Sinedrio, dove avrebbe potuto annunciare la buona novella della libertà e della gioia della filiazione divina nel regno di Dio. Ma essi avevano paura di mandarlo a chiamare. Erano sempre sconcertati da queste improvvise apparizioni pubbliche di Gesù a Gerusalemme. L’occasione giusta che avevano così ardentemente cercato, Gesù ora la offriva loro, ma essi temevano di portarlo davanti al Sinedrio anche come testimone, e avevano ancor più paura di arrestarlo.

164:5.2 (1815.3) Si era a metà dell’inverno a Gerusalemme e la gente cercava parziale riparo sotto il Portico di Salomone; e mentre Gesù vi sostava, le folle gli posero molte domande, ed egli le istruì per più di due ore. Alcuni insegnanti ebrei cercarono di prenderlo in trappola chiedendogli pubblicamente: “Per quanto tempo ci terrai in sospeso? Se sei il Messia, perché non ce lo dici apertamente?” Gesù disse: “Vi ho parlato molte volte di me stesso e di mio Padre, ma voi non avete voluto credermi. Non vedete che le opere che compio in nome di mio Padre portano testimonianza per me? Ma molti di voi non credono perché non appartengono al mio gregge. L’insegnante della verità attira soltanto coloro che hanno fame di verità e sete di rettitudine. Le mie pecore ascoltano la mia voce ed io conosco loro ed esse mi seguono. E a tutti coloro che seguono il mio insegnamento io dono la vita eterna; essi non periranno mai e nessuno li strapperà dalle mie mani. Mio Padre, che mi ha dato questi figli, è più grande di tutti, cosicché nessuno può portarli via dalle mani di mio Padre. Il Padre ed io siamo uno.” Alcuni Ebrei non credenti si precipitarono verso dove si stava ancora costruendo il tempio per raccogliere delle pietre e scagliarle su Gesù, ma i credenti glielo impedirono.

164:5.3 (1815.4) Gesù proseguì il suo insegnamento: “Io vi ho mostrato molte opere amorevoli compiute dal Padre, così ora vorrei chiedervi per quale di queste buone opere pensate di lapidarmi?” Ed allora uno dei Farisei rispose: “Noi non vogliamo lapidarti per nessuna delle tue buone opere, ma a causa delle tue bestemmie, perché tu, essendo un uomo, osi eguagliarti a Dio.” E Gesù rispose: “Voi accusate il Figlio dell’Uomo di bestemmia perché rifiutate di credermi quando vi dichiaro che sono stato inviato da Dio. Se non compio le opere di Dio non mi credete, ma se compio le opere di Dio, anche se non credete in me, pensavo che credeste alle opere. Ma affinché possiate essere certi di ciò che proclamo, lasciatemi nuovamente affermare che il Padre è in me ed io nel Padre, e che, come il Padre dimora in me così io dimorerò in ognuno che crede a questo vangelo.” E quando il popolo udì queste parole, molti di loro corsero a prendere delle pietre per lanciarle su di lui, ma egli uscì dai recinti del tempio e incontrando Natanaele e Tommaso, che avevano assistito alla sessione del Sinedrio, attese con loro vicino al tempio fino a che Giosia non fu uscito dalla sala del consiglio.

164:5.4 (1816.1) Gesù e i due apostoli andarono a cercare Giosia a casa sua solo dopo aver appreso la sua esclusione dalla sinagoga. Quando giunsero a casa sua, Tommaso lo chiamò fuori nel cortile, e Gesù, parlandogli, disse: “Giosia, credi tu nel Figlio di Dio?” E Giosia rispose: “Dimmi chi è affinché io possa credere in lui.” E Gesù disse: “Tu l’hai visto e udito, ed è colui che ora ti parla.” E Giosia disse: “Signore, io credo”, e caduto in ginocchio lo adorò.

164:5.5 (1816.2) Quando Giosia seppe che era stato espulso dalla sinagoga, fu dapprima assai abbattuto, ma fu molto incoraggiato quando Gesù gli ordinò di prepararsi immediatamente ad andare con loro al campo di Pella. Quest’uomo semplice di Gerusalemme era in verità stato espulso da una sinagoga ebrea, ma ecco che il Creatore di un universo lo portava con sé per associarlo alla nobiltà spirituale di quel tempo e di quella generazione.

164:5.6 (1816.3) Ed ora Gesù lasciò Gerusalemme per non ritornarvi più fino all’avvicinarsi del momento in cui si preparava a lasciare questo mondo. Il Maestro ritornò a Pella con i due apostoli e Giosia. E Giosia si dimostrò uno dei beneficiari del ministero miracoloso del Maestro che corrispose fruttuosamente, perché divenne un predicatore del vangelo del regno per tutta la sua vita.

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