Fascicolo 168 - La risurrezione di Lazzaro

   
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Il Libro di Urantia

Fascicolo 168

La risurrezione di Lazzaro

168:0.1 (1842.1) ERA DA poco passato mezzogiorno quando Marta partì per andare incontro a Gesù dopo che egli ebbe superato la sommità della collina vicino a Betania. Suo fratello Lazzaro era morto da quattro giorni ed era stato deposto nella loro tomba privata, situata all’estremità del giardino, nel tardo pomeriggio di domenica. La pietra all’entrata della tomba vi era stata rotolata il mattino di questo giorno, giovedì.

168:0.2 (1842.2) Quando Marta e Maria avevano mandato ad informare Gesù sulla malattia di Lazzaro, avevano confidato che il Maestro avrebbe fatto qualcosa a tale riguardo. Esse sapevano che il loro fratello era in condizioni disperate, e sebbene osassero appena sperare che Gesù avrebbe lasciato il suo lavoro d’insegnamento e di predicazione per venire in loro aiuto, avevano una tale fiducia nel suo potere di guarire le malattie che pensavano gli sarebbe bastato pronunciare le parole curative e Lazzaro sarebbe guarito immediatamente. E quando Lazzaro morì alcune ore dopo che il messaggero era partito da Betania per Filadelfia, esse conclusero che era perché il Maestro non aveva saputo della malattia del loro fratello prima che fosse troppo tardi, prima che egli fosse già deceduto da parecchie ore.

168:0.3 (1842.3) Ma esse, con tutti i loro amici credenti, furono grandemente sconcertate dal messaggio che il corriere riportò martedì mattina quando raggiunse Betania. Il messaggero insisté di aver sentito Gesù dire: “…questa malattia non porta in realtà alla morte.” Né esse riuscirono a comprendere perché egli non avesse inviato loro una parola né avesse offerto in altro modo il suo aiuto.

168:0.4 (1842.4) Molti amici provenienti dai villaggi vicini ed altri provenienti da Gerusalemme vennero a confortare le sorelle affrante dal dolore. Lazzaro e le sue sorelle erano figli di un Ebreo benestante ed onorato, che era stato l’abitante di maggior riguardo del piccolo villaggio di Betania. E nonostante che tutti e tre fossero stati da lungo tempo ardenti seguaci di Gesù, erano molto rispettati da tutti quelli che li conoscevano. Essi avevano ereditato estesi vigneti e grandi oliveti nei dintorni, e che fossero ricchi fu ulteriormente attestato dal fatto che poterono permettersi una tomba funebre privata nella loro proprietà. Entrambi i loro genitori erano già stati deposti in questa tomba.

168:0.5 (1842.5) Maria aveva rinunciato all’idea di veder giungere Gesù e si era abbandonata al suo dolore, ma Marta si attaccò alla speranza che Gesù venisse fino al mattino stesso in cui rotolarono la pietra davanti alla tomba e sigillarono l’entrata. Anche allora essa incaricò un ragazzo loro vicino di sorvegliare la strada di Gerico che scendeva dalla sommità della collina ad est di Betania; e fu questo ragazzo che portò a Marta la notizia che Gesù ed i suoi amici si stavano avvicinando.

168:0.6 (1842.6) Quando Marta incontrò Gesù, cadde ai suoi piedi esclamando: “Maestro, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!” Molti timori stavano passando per la mente di Marta, ma essa non espresse alcun dubbio né si avventurò a criticare o a mettere in discussione la condotta del Maestro in relazione alla morte di Lazzaro. Dopo che essa ebbe parlato, Gesù si chinò e, rialzandola, disse: “Abbi solo fede, Marta, e tuo fratello risusciterà.” Allora Marta rispose: “Lo so che risusciterà nella risurrezione dell’ultimo giorno; ed anche ora credo che qualsiasi cosa chiederai a Dio, nostro Padre te la concederà.”

168:0.7 (1843.1) Allora Gesù disse, guardando dritto negli occhi di Marta: “Io sono la risurrezione e la vita; e chi crede in me, anche se muore, vivrà ancora. In verità, chiunque vive e crede in me in realtà non morirà mai. Marta, tu credi questo?” E Marta rispose al Maestro: “Sì, io credevo da molto tempo che tu sei il Liberatore, il Figlio del Dio vivente, colui che doveva venire in questo mondo.”

168:0.8 (1843.2) Avendo Gesù chiesto di Maria, Marta andò subito in casa e, bisbigliando a sua sorella, disse: “Il Maestro è qui ed ha chiesto di te.” E quando Maria udì ciò, si alzò subito ed uscì in fretta per andare incontro a Gesù, che era rimasto ancora sul posto, ad una certa distanza dalla casa, dove Marta l’aveva incontrato prima. Gli amici che erano con Maria cercando di consolarla, quando videro che si alzò in fretta ed uscì, la seguirono, supponendo che stesse andando alla tomba a piangere.

168:0.9 (1843.3) Molti dei presenti erano acerrimi nemici di Gesù. Per questo Marta era uscita per incontrarlo da sola, e per questo era anche andata ad informare segretamente Maria che egli aveva chiesto di lei. Marta, pur volendo veramente vedere Gesù, desiderava evitare ogni possibile contrasto che potesse essere causato dal suo arrivo improvviso in mezzo ad un numeroso gruppo di suoi nemici di Gerusalemme. Marta era intenzionata a rimanere in casa con i loro amici mentre Maria andava a salutare Gesù, ma non vi riuscì, perché essi seguirono tutti Maria e si trovarono così inaspettatamente in presenza del Maestro.

168:0.10 (1843.4) Marta condusse Maria da Gesù, e quando essa lo vide, cadde ai suoi piedi esclamando: “Se solo tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!” E quando Gesù vide come tutti loro erano affranti per la morte di Lazzaro, la sua anima fu mossa a compassione.

168:0.11 (1843.5) Quando gli amici addolorati videro che Maria era andata a salutare Gesù, si trassero un po’ in disparte mentre Marta e Maria parlavano con il Maestro e ricevevano parole di conforto e d’esortazione a conservare una forte fede nel Padre ed una completa rassegnazione alla volontà divina.

168:0.12 (1843.6) La mente umana di Gesù fu potentemente scossa dal conflitto tra il suo amore per Lazzaro e per le sue sorelle afflitte ed il suo sdegno e disprezzo per le dimostrazioni esteriori d’affetto manifestate da alcuni di questi miscredenti ebrei inclini all’assassinio. Gesù s’indignò molto per la dimostrazione di artificioso cordoglio esteriore per Lazzaro da parte di alcuni di questi professati amici, tanto più che questo falso dispiacere era associato nel loro cuore a così tanta acerrima inimicizia verso di lui. Alcuni di questi Ebrei, tuttavia, erano sinceri nel loro dolore, perché erano amici veri della famiglia.

1. Alla tomba di Lazzaro

168:1.1 (1843.7) Dopo che Gesù ebbe passato alcuni momenti a confortare Marta e Maria, in disparte dalle persone in lutto, chiese loro: “Dove l’avete deposto?” Allora Marta disse: “Vieni a vedere.” E mentre il Maestro seguiva in silenzio le due sorelle afflitte, pianse. Quando gli amici ebrei che li seguivano videro le sue lacrime, uno di loro disse: “Guardate come lo amava. Colui che ha aperto gli occhi del cieco non avrebbe potuto impedire a quest’uomo di morire?” In questo momento essi erano giunti davanti alla tomba di famiglia, una piccola grotta naturale, o declivio, nella parete rocciosa alta una decina di metri che si ergeva all’estremità del giardino.

168:1.2 (1844.1) È difficile spiegare alle menti umane il motivo esatto per cui Gesù pianse. Pur avendo accesso alla registrazione delle emozioni umane e dei pensieri divini congiunti, quali sono registrati nella mente dell’Aggiustatore Personalizzato, non siamo del tutto certi sulla causa reale di queste manifestazioni emotive. Noi siamo inclini a credere che Gesù pianse a causa dei numerosi pensieri e sentimenti che attraversavano la sua mente in questo momento, quali:

168:1.3 (1844.2) 1. Egli provava una compassione sincera e addolorata per Marta e Maria; nutriva un affetto umano reale e profondo per queste sorelle che avevano perduto il loro fratello.

168:1.4 (1844.3) 2. Era turbato nella sua mente dalla presenza delle numerose persone in lutto, alcune sincere ed altre semplici simulatrici. Egli si risentì sempre per queste esibizioni esteriori di cordoglio. Sapeva che le sorelle amavano il loro fratello ed avevano fede nella sopravvivenza dei credenti. Queste emozioni contraddittorie possono forse spiegare perché egli espresse il suo dolore nell’avvicinarsi alla tomba.

168:1.5 (1844.4) 3. Egli esitava sinceramente a riportare Lazzaro alla vita mortale. Le sue sorelle avevano realmente bisogno di lui, ma a Gesù rincresceva riportare il suo amico all’esperienza delle accanite persecuzioni che egli sapeva bene Lazzaro avrebbe dovuto subire per essere stato il soggetto della più grande di tutte le dimostrazioni del potere divino del Figlio dell’Uomo.

168:1.6 (1844.5) Ed ora possiamo riferire un fatto importante ed istruttivo: benché questo racconto si svolga come un evento apparentemente naturale e normale degli affari umani, esso ha alcuni aspetti secondari molto interessanti. Mentre il messaggero andava domenica da Gesù per informarlo della malattia di Lazzaro, e mentre Gesù mandava a dire che essa “non portava alla morte”, allo stesso tempo egli andò di persona a Betania e chiese anche alle sorelle: “Dove l’avete deposto?” Sebbene tutto ciò sembri indicare che il Maestro stesse procedendo secondo la maniera di questa vita ed in conformità alla conoscenza limitata della mente umana, tuttavia gli archivi dell’universo rivelano che l’Aggiustatore Personalizzato di Gesù ordinò di trattenere indefinitamente l’Aggiustatore di Pensiero di Lazzaro sul pianeta dopo la morte di Lazzaro, e che quest’ordine fu registrato esattamente quindici minuti prima che Lazzaro esalasse l’ultimo respiro.

168:1.7 (1844.6) La mente divina di Gesù sapeva, ancor prima che Lazzaro morisse, che egli lo avrebbe risuscitato dalla morte? Non lo sappiamo. Sappiamo soltanto ciò che stiamo esponendo qui.

168:1.8 (1844.7) Molti nemici di Gesù furono inclini a dileggiare le sue manifestazioni d’affetto, e dissero tra di loro: “Se teneva in così tanta considerazione quest’uomo, perché ha aspettato così a lungo prima di venire a Betania? Se egli è ciò che pretende di essere, perché non ha salvato il suo caro amico? A che scopo guarire degli stranieri in Galilea se non può salvare quelli che ama?” Ed in molti altri modi essi derisero e presero alla leggera gli insegnamenti e le opere di Gesù.

168:1.9 (1844.8) E così, in questo pomeriggio di giovedì, verso le due e mezzo, la scena era tutta pronta in questo piccolo villaggio di Betania per il compimento della più grande di tutte le opere connesse con il ministero terreno di Micael di Nebadon, la più grande manifestazione di potere divino durante la sua incarnazione, poiché la sua stessa risurrezione avvenne dopo che egli fu liberato dai vincoli della dimora mortale.

168:1.10 (1845.1) Il piccolo gruppo riunito davanti alla tomba di Lazzaro non percepì la presenza vicina di un vasto concorso di tutti gli ordini di esseri celesti riuniti sotto la direzione di Gabriele ed ora in attesa per ordine dell’Aggiustatore Personalizzato di Gesù, vibranti di aspettativa e pronti ad eseguire le direttive del loro diletto Sovrano.

168:1.11 (1845.2) Quando Gesù pronunciò quelle parole di comando, “Levate la pietra”, le schiere celesti riunite si prepararono a mettere in atto il dramma della risurrezione di Lazzaro nelle sembianze della sua carne mortale. Una tale forma di risurrezione implica difficoltà di esecuzione che trascendono di molto la tecnica abituale della risurrezione di creature mortali in forma morontiale, e richiede un numero di personalità celesti molto maggiore ed un’organizzazione molto più estesa di capacità universali.

168:1.12 (1845.3) Quando Marta e Maria udirono questo comando di Gesù che ordinava che la pietra posta davanti alla tomba fosse fatta rotolare via, esse furono assalite da sentimenti contraddittori. Maria sperava che Lazzaro sarebbe stato risuscitato dalla morte, ma Marta, pur condividendo in una certa misura la fede di sua sorella, era più preoccupata per il timore che Lazzaro non fosse presentabile nel suo aspetto a Gesù, agli apostoli e ai loro amici. Marta disse: “Dobbiamo rotolare via la pietra? Mio fratello è ora morto da quattro giorni, cosicché oramai la decomposizione del corpo è cominciata.” Marta disse questo anche perché non era certa del motivo per cui il Maestro aveva chiesto che la pietra fosse rimossa; essa pensava che Gesù volesse forse dare solo un ultimo sguardo a Lazzaro. Marta non era ferma e costante nel suo atteggiamento. Poiché esse esitavano a far rotolare via la pietra, Gesù disse: “Non vi ho detto fin dall’inizio che questa malattia non avrebbe portato alla morte? Non sono venuto per adempiere la mia promessa? E dopo che sono venuto da voi, non ho detto che se soltanto aveste creduto avreste visto la gloria di Dio? Per quale ragione dubitate? Quanto vi ci vorrà per credere e obbedire?”

168:1.13 (1845.4) Quando Gesù ebbe finito di parlare, i suoi apostoli, con l’aiuto di vicini volontari, afferrarono la pietra e la fecero rotolare via dall’entrata della tomba.

168:1.14 (1845.5) Era credenza comune degli Ebrei che la goccia di fiele sulla punta della spada dell’angelo della morte cominciasse ad operare alla fine del terzo giorno, in modo che aveva il suo pieno effetto il quarto giorno. Essi ammettevano che l’anima dell’uomo potesse indugiare vicino alla tomba sino alla fine del terzo giorno, cercando di rianimare il corpo morto; ma credevano fermamente che tale anima se ne fosse andata nella dimora degli spiriti trapassati prima dell’alba del quarto giorno.

168:1.15 (1845.6) Queste credenze ed opinioni concernenti la morte e la partenza degli spiriti dei morti servirono a rassicurare, nella mente di tutti coloro che erano ora presenti presso la tomba di Lazzaro, e successivamente tutti coloro che poterono ascoltare ciò che stava per accadere, che questo era realmente e veramente un caso di risurrezione di un morto per opera personale di colui che dichiarava di essere “la risurrezione e la vita”.

2. La risurrezione di Lazzaro

168:2.1 (1845.7) Mentre questo gruppo di circa quarantacinque mortali stava davanti alla tomba, poteva vagamente vedere la forma di Lazzaro, avviluppata in bende di lino, che riposava nella nicchia destra inferiore della grotta funebre. Mentre queste creature terrene stavano là in un silenzio quasi mozzafiato, una vasta schiera di esseri celesti si era portata nelle sue posizioni, in attesa di rispondere al segnale d’azione quando fosse stato dato da Gabriele, il loro comandante.

168:2.2 (1846.1) Gesù alzò gli occhi e disse: “Padre, ti ringrazio d’aver ascoltato ed accolto la mia richiesta. So che tu mi ascolti sempre, ma a causa di coloro che stanno qui con me io parlo così con te affinché essi credano che tu mi hai mandato nel mondo e sappiano che tu operi con me in ciò che stiamo per fare.” E quando ebbe pregato, egli gridò ad alta voce: “Lazzaro, vieni fuori!”

168:2.3 (1846.2) Mentre questi osservatori umani rimanevano immobili, la vasta schiera celeste era tutta affaccendata in un’azione congiunta per obbedire alla parola del Creatore. In dodici secondi esatti del tempo terrestre la forma fino ad allora senza vita di Lazzaro cominciò a muoversi e si sedette subito sul bordo del ripiano di pietra su cui aveva riposato. Il suo corpo era avvolto nelle vesti funebri e il suo viso era coperto da un lenzuolo. E quando egli si alzò in piedi davanti a loro — vivo — Gesù disse: “Scioglietelo e lasciatelo andare.”

168:2.4 (1846.3) Tutti, salvo gli apostoli, con Marta e Maria, fuggirono verso la casa. Essi erano pallidi di terrore e sopraffatti dallo stupore. Mentre alcuni rimasero là, molti rientrarono in fretta a casa loro.

168:2.5 (1846.4) Lazzaro salutò Gesù e gli apostoli e chiese il significato delle vesti funebri e perché si fosse svegliato nel giardino. Gesù e gli apostoli si trassero in disparte mentre Marta raccontava a Lazzaro della sua morte, della sua sepoltura e della sua risurrezione. Essa dovette spiegargli che era morto domenica e che ora era stato riportato in vita di giovedì, poiché egli non aveva avuto coscienza del tempo da quando si era addormentato nella morte.

168:2.6 (1846.5) Quando Lazzaro uscì dalla tomba, l’Aggiustatore Personalizzato di Gesù, ora capo del suo ordine in questo universo locale, comandò al precedente Aggiustatore di Lazzaro, ora in attesa, di ritornare a risiedere nella mente e nell’anima del risuscitato.

168:2.7 (1846.6) Poi Lazzaro si avvicinò a Gesù e, con le sue sorelle, s’inginocchiò ai piedi del Maestro per ringraziare e lodare Dio. Gesù, prendendo Lazzaro per la mano, lo fece alzare dicendo: “Figlio mio, quello che è accaduto a te sarà sperimentato anche da tutti coloro che credono in questo vangelo, salvo che essi saranno risuscitati in una forma più gloriosa. Tu sarai un testimone vivente della verità che ho proclamato — io sono la risurrezione e la vita. Ma ora andiamo tutti a casa a mangiare del cibo per questi corpi fisici.”

168:2.8 (1846.7) Mentre essi camminavano verso la casa, Gabriele congedò i gruppi supplementari delle schiere celesti riunite a fece registrare il primo, e l’ultimo, caso su Urantia in cui una creatura mortale era stata risuscitata nelle sembianze del suo corpo fisico di morte.

168:2.9 (1846.8) Lazzaro quasi non riusciva a comprendere ciò che era accaduto. Egli sapeva che era stato molto malato, ma riusciva a ricordarsi soltanto che si era addormentato e che era stato risvegliato. Egli non poté mai raccontare alcunché di questi quattro giorni nella tomba perché era stato totalmente incosciente. Il tempo non esiste per coloro che dormono il sonno della morte.

168:2.10 (1846.9) Sebbene molti credettero in Gesù a seguito di quest’opera potente, altri indurirono soltanto il loro cuore per respingerlo di più. L’indomani a mezzogiorno questa storia si era diffusa in tutta Gerusalemme. Decine di uomini e di donne andarono a Betania per vedere Lazzaro e per parlare con lui, e gli allarmati e sconcertati Farisei convocarono precipitosamente una riunione del Sinedrio per decidere che cosa si dovesse fare riguardo a questi nuovi sviluppi.

3. La riunione del Sinedrio

168:3.1 (1847.1) Anche se la testimonianza di quest’uomo risuscitato dalla morte contribuì molto a consolidare la fede della massa dei credenti nel vangelo del regno, ebbe poca o nessuna influenza sull’atteggiamento dei dirigenti e dei capi religiosi di Gerusalemme, se non di affrettare la loro decisione di distruggere Gesù e di porre fine alla sua opera.

168:3.2 (1847.2) All’una del giorno dopo, venerdì, il Sinedrio si riunì per deliberare di nuovo sulla questione: “Che cosa faremo di Gesù di Nazaret?” Dopo più di due ore di discussione e di acceso dibattito, un Fariseo presentò una risoluzione che chiedeva la morte immediata di Gesù, proclamando che egli era una minaccia per tutto Israele ed impegnando ufficialmente il Sinedrio in una sentenza di morte, senza giudizio e a dispetto di ogni precedente.

168:3.3 (1847.3) Più e più volte questo augusto corpo di dirigenti ebrei aveva decretato che Gesù fosse arrestato e portato in giudizio sotto l’imputazione di bestemmia e di numerose altre accuse di disprezzo della legge sacra degli Ebrei. Essi erano giunti già una volta al punto di dichiarare che egli doveva morire, ma questa era la prima volta che il Sinedrio giungeva a registrare il desiderio di decretare la sua morte senza che fosse giudicato. Ma questa risoluzione non fu messa ai voti perché quattordici membri del Sinedrio rassegnarono in blocco le dimissioni quando fu proposto un tale atto inaudito. Mentre queste dimissioni non furono ufficialmente ratificate prima di quasi due settimane, questo gruppo di quattordici si ritirò dal Sinedrio quel giorno e non sedette mai più nel consiglio. Quando queste dimissioni furono successivamente ratificate, altri cinque membri furono espulsi perché i loro colleghi reputavano che nutrissero sentimenti di amicizia verso Gesù. Con l’espulsione di questi diciannove uomini il Sinedrio era in grado di giudicare e condannare Gesù con un consenso quasi unanime.

168:3.4 (1847.4) La settimana seguente Lazzaro e le sue sorelle furono convocati davanti al Sinedrio. Dopo aver ascoltato la loro testimonianza, non poteva sussistere alcun dubbio che Lazzaro era stato risuscitato dalla morte. Sebbene gli atti verbali del Sinedrio ammisero praticamente la risurrezione di Lazzaro, gli archivi riportarono una risoluzione che attribuiva questo e tutti gli altri prodigi compiuti da Gesù al potere del principe dei demoni, di cui Gesù era dichiarato essere in lega.

168:3.5 (1847.5) Qualunque fosse la fonte del suo potere di compiere dei prodigi, questi dirigenti ebrei erano persuasi che, se egli non fosse stato immediatamente fermato, molto presto tutto il popolo comune avrebbe creduto in lui; ed inoltre che sarebbero sorte gravi complicazioni con le autorità romane perché così tanti dei suoi credenti lo consideravano il Messia, il liberatore d’Israele.

168:3.6 (1847.6) Fu in questa stessa riunione del Sinedrio che il sommo sacerdote Caifa espresse per la prima volta quel vecchio adagio ebreo, che egli ripeté così spesso: “È meglio che muoia un solo uomo piuttosto che perisca la comunità.”

168:3.7 (1847.7) Benché Gesù fosse stato informato delle decisioni del Sinedrio in questo triste venerdì pomeriggio, non ne fu minimamente turbato e continuò a riposarsi per tutto il sabato presso degli amici a Betfage, un piccolo villaggio vicino a Betania. Domenica mattina presto, come precedentemente convenuto, Gesù e gli apostoli si riunirono a casa di Lazzaro, e congedatisi dalla famiglia di Betania, partirono per tornare all’accampamento di Pella.

4. La risposta alla preghiera

168:4.1 (1848.1) Sulla strada da Betania a Pella gli apostoli posero a Gesù molte domande alle quali il Maestro rispose apertamente, salvo a quelle che concernevano i dettagli della risurrezione del morto. Tali problemi oltrepassavano la capacità di comprensione dei suoi apostoli; perciò il Maestro rifiutò di discutere questi argomenti con loro. Poiché erano partiti da Betania in segreto, essi erano soli. Gesù colse quindi l’occasione per dire molte cose ai dieci che egli riteneva li avrebbero preparati ai giorni difficili che li aspettavano.

168:4.2 (1848.2) Gli apostoli erano molto scossi nella loro mente e trascorsero parecchio tempo a discutere sulle recenti esperienze per quanto esse erano connesse con la preghiera e la risposta ad essa. Essi si ricordavano tutti la dichiarazione di Gesù a Filadelfia al messaggero proveniente da Betania, quando disse chiaramente: “Questa malattia non porta realmente alla morte.” Eppure, malgrado questa promessa, Lazzaro in effetti morì. Per tutto quel giorno essi tornarono più volte a discutere di questo problema della risposta alla preghiera.

168:4.3 (1848.3) Le risposte di Gesù alle loro numerose domande possono essere riassunte come segue:

168:4.4 (1848.4) 1. La preghiera è un’espressione della mente finita che si sforza di avvicinarsi all’Infinito. La formulazione di una preghiera deve, perciò, essere limitata dalla conoscenza, dalla saggezza e dagli attributi del finito; similmente la risposta deve essere condizionata dalla visione, dagli scopi, dagli ideali e dalle prerogative dell’Infinito. Non si può mai osservare una continuità ininterrotta di fenomeni materiali tra la formulazione di una preghiera e la ricezione della piena risposta spirituale ad essa.

168:4.5 (1848.5) 2. Quando una preghiera resta apparentemente senza risposta, il ritardo fa presagire spesso una risposta migliore, anche se è una risposta che è per alcune buone ragioni considerevolmente ritardata. Quando Gesù disse che la malattia di Lazzaro non sarebbe giunta realmente fino alla morte, costui era già morto da undici ore. Nessuna preghiera sincera resta senza risposta, salvo quando il punto di vista superiore del mondo spirituale ha concepito una risposta migliore, una risposta che soddisfa l’istanza dello spirito dell’uomo in contrasto con la preghiera della semplice mente dell’uomo.

168:4.6 (1848.6) 3. Le preghiere del tempo, quando sono formulate dallo spirito ed espresse con fede, sono spesso così vaste e così onnicomprendenti da poter ricevere una risposta soltanto nell’eternità. La supplica finita è talvolta così ripiena della presa dell’Infinito che la risposta deve essere a lungo differita per attendere la creazione di una capacità adeguata per la ricezione. La preghiera di fede può essere così completamente inglobante che la risposta può essere ricevuta solo in Paradiso.

168:4.7 (1848.7) 4. Le risposte alla preghiera della mente mortale sono spesso di natura tale che possono essere ricevute e riconosciute solo dopo che quella stessa mente che prega ha raggiunto lo stato immortale. La preghiera dell’essere materiale può molte volte avere una risposta solo quando tale individuo è progredito al livello spirituale.

168:4.8 (1848.8) 5. La preghiera di una persona che conosce Dio può essere così distorta dall’ignoranza e così deformata dalla superstizione che la risposta ad essa sarebbe altamente indesiderabile. Allora gli esseri spirituali intermediari devono tradurre tale preghiera in modo che, quando giunge la risposta, il supplicante non riesce affatto a riconoscerla come risposta alla sua preghiera.

168:4.9 (1848.9) 6. Tutte le vere preghiere sono indirizzate agli esseri spirituali, e tutte queste suppliche devono avere delle risposte in termini spirituali; e tutte queste risposte devono consistere in realtà spirituali. Gli esseri spirituali non possono dare risposte materiali alle suppliche spirituali, anche di esseri materiali. Gli esseri materiali possono pregare efficacemente solo quando “pregano in spirito”.

168:4.10 (1849.1) 7. Nessuna preghiera può sperare di avere una risposta se non è nata dallo spirito e nutrita dalla fede. La vostra fede sincera implica che voi abbiate praticamente già concesso ai destinatari della vostra preghiera il pieno diritto di rispondere alle vostre suppliche in conformità a quella saggezza suprema e a quell’amore divino che la vostra fede descrive come sempre animanti quegli esseri verso cui pregate.

168:4.11 (1849.2) 8. Il figlio è sempre nel suo diritto quando rivolge una richiesta al genitore; e il genitore è sempre nei limiti dei suoi obblighi di genitore verso il figlio immaturo quando la sua saggezza superiore gli detta che la risposta alla preghiera del figlio sia dilazionata, modificata, suddivisa, trascesa, o posposta ad un altro stadio dell’ascensione spirituale.

168:4.12 (1849.3) 9. Non esitate a formulare preghiere di anelito spirituale; non dubitate di ricevere risposta alle vostre suppliche. Queste risposte saranno tenute in serbo, in attesa che voi raggiungiate quei livelli spirituali futuri di effettiva realizzazione cosmica, su questo o su altri mondi, in cui vi sarà possibile riconoscere ed assimilare le risposte a lungo attese alle vostre precedenti ma premature suppliche.

168:4.13 (1849.4) 10. Tutte le suppliche sincere nate dallo spirito sono certe di ricevere una risposta. Chiedete e riceverete. Ma non dimenticate che siete creature in progressione del tempo e dello spazio; perciò dovete costantemente tenere conto del fattore tempo-spazio nell’esperienza della vostra ricezione personale delle complete riposte alle vostre molteplici preghiere e suppliche.

5. Ciò che avvenne di Lazzaro

168:5.1 (1849.5) Lazzaro rimase nella casa di Betania, che divenne il centro di grande interesse per molti credenti sinceri e per numerosi singoli curiosi, fino alla settimana della crocifissione di Gesù, quando egli fu avvertito che il Sinedrio aveva decretato la sua morte. I dirigenti ebrei erano determinati a porre fine all’ulteriore diffusione degli insegnamenti di Gesù, e stimarono giustamente che sarebbe stato inutile mettere a morte Gesù se permettevano a Lazzaro, che rappresentava il culmine stesso della sua opera miracolosa, di vivere e di testimoniare il fatto che Gesù l’aveva risuscitato dalla morte. Lazzaro aveva già subito crudeli persecuzioni da parte loro.

168:5.2 (1849.6) Così Lazzaro si congedò in fretta dalle sue sorelle a Betania, fuggendo verso Gerico ed attraversando il Giordano, non concedendosi mai un lungo riposo prima d’aver raggiunto Filadelfia. Lazzaro conosceva bene Abner, e qui si sentiva al sicuro dagli intrighi assassini del crudele Sinedrio.

168:5.3 (1849.7) Poco dopo Marta e Maria vendettero le loro terre di Betania e raggiunsero il loro fratello in Perea. Nel frattempo Lazzaro era divenuto il tesoriere della chiesa di Filadelfia. Egli divenne un valido sostenitore di Abner nella sua controversia con Paolo e con la chiesa di Gerusalemme, ed infine morì, all’età di 67 anni, della stessa malattia che l’aveva fatto morire quando era un giovane uomo a Betania.

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